QUELLO CHE NON SO DI LEI di Roman Polanski

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Polanski dimostra, con Quello che non so di lei, di possedere uno sguardo capace di raccontare e rivelare il femminile con un rispetto ed un senso del sacro quasi stupefacenti. Autore controverso e con un passato che getta su di lui ombre profonde, Polanski si è sempre riscattato con la sua sensibilità artistica, mai interpretabile in modo univoco e in grado di afferrare ogni sfumatura della natura umana. Delphine ed Elle sono il centro dell’universo polanskiano: figure razionali e ferine, sospese tra sogno e realtà, rappresentazioni visive di un inconscio che muta volto, cambia abito e scrive sul corpo il vagheggiamento di un irrazionale che è proprio dell’animo umano. Le donne, per Polanski, vivono un’esperienza umana intensificata, e sono polo di attrazione di forze distruttive e creatrici.

Segnato dall’immaginario hitchcockiano, Polanski ne ha assimilato il turbamento, la vertigine, l’attrazione e repulsione per un doppio che è specchio e abisso. La sua macchina da presa si immerge negli spazi amplificandone il senso di estraneità: l’estrema nitidezza di una porta, la profondità di un corridoio, la luce di un abat-jour che crea penombre. Tutto ciò che viene osservato attraverso l’occhio polanskiano porta con sé un inspiegabile carico di angoscia, il senso d’un distacco dall’esperienza quotidiana. E’ un mondo allo stesso tempo familiare ed alieno, all’interno del quale la protagonista Delphine si muove in un costante stato di estenuazione e mancamento. Polanski chiude spesso le scene con un’inquadratura del volto sofferente di Delphine che ruota circolarmente, a segnare il senso di “perdita di equilibrio” e dei sensi.

Le scene che vedono insieme Delphine ed Elle sono di una raffinatezza estrema e costellano di indizi la nostra esperienza percettiva. Con cambi di fuoco, giochi prospettici, inquadrature, siamo in grado di costruire mentalmente il rapporto tra le due donne: ora l’una appare “enorme” rispetto all’altra, per la particolare composizione dell’inquadratura; ora le rispettive fragilità si confondono, negli abbracci che si susseguono specularmente. E ancora, tutto il corredo feticistico di cui Polanski non può fare a meno: sciarpe e foulard rossi, smalto sulle unghie, stivali, acconciature.

Quello che non so di lei mette in scena la costruzione ed il disvelamento dei personaggi che vediamo sullo schermo, ma anche, attraverso una raffinatissima mise en abyme, della protagonista del romanzo di Delphine. Non si tratta di temi originali, ma il regista lavora con ferocia ed eleganza, offrendoci dettagli sottili, preziosità cinematografiche, traducendo in immagine i paradossi dell’inconscio. Attraverso il demone femminile, Polanski ci offre una rappresentazione dell’inferno emotivo, percettivo ed immaginario che spesso è la mente dell’artista, sospesa tra l’autolesionismo del fallimento e il senso di onnipotenza della creazione.

4 thoughts on “QUELLO CHE NON SO DI LEI di Roman Polanski

  1. Ho da parte il romanzo originale ma voglio aspettare a leggerlo: prima voglio godermi Polanski per poi gustarmi la fonte ^_^
    Nel leggerti mi sembra di capire che il Roman-artista (ben più apprezzabile del Roman-uomo) ha colpito ancora e dopo “Venere in pelliccia” (che ho adorato) posso prepararmi ad un’altra primizia.

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