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David Leitch è, insieme a Chad Stahelski (con cui ha diretto il primo John Wick), tra i più significativi esponenti occidentali dell’action movie stilizzato, basato non sugli effetti in cgi ma sugli stunt corporali, immersi in un contesto di specchi, luci al neon, arredamenti di design inquadrati con perfetto gusto simmetrico. Si tratta di film d’azione inseriti in un universo parallelo in cui il movimento è espresso secondo coordinate geometriche: ogni combattimento, per quanto violento, è regolato da una matematica interna che lo trasforma in piacere estetico; vere e proprie coreografie improntate alla ferrea armonia delle arti marziali.
Interpretato da una Theron superomistica, ma dalle segrete corde vulnerabili, Atomica Bionda fornisce una variazione al tema della figura maschile solitaria ed individualista, introducendo un personaggio femminile dai pochi tratti essenziali: la bellezza, l’esperienza, il malinconico cinismo, le abilità fisiche ed una cieca abnegazione alla causa; una caratterizzazione appariscente ma schematica, che in breve diviene schiava dei propri clichè. Lo stesso dicasi per i (numerosi) personaggi di contorno, la cui funzione nella struttura narrativa è semplicemente quella di porsi come ostacolo ai movimenti della protagonista.
Leitch ha uno spiccato senso compositivo ma si dimostra impacciato nell’organizzazione del racconto: le scene appaiono giustapposte e si fatica ad individuarne la consequenzialità. Si finisce con l’assistere passivamente ad una collezione di immagini slegate quanto scintillanti, dominate da una Theron aliena, avvolta in abiti che ne fanno un oggetto del desiderio feticizzato e distante: materia onirica fredda e irraggiungibile.
Atomica Bionda, per gran parte della sua durata, non esce dal perimetro del gioco estetico prevedibile; ma Leitch riesce a trovare il riscatto nella seconda parte del film, assecondando la sua passione per il corpo. Se infatti Atomica Bionda è prevalentemente un’operazione di meta-marketing che non esce dalla pubblicizzazione della propria apparenza, Leitch ha un umanissimo moto di ribellione che lo porta a filmare una scena meravigliosa di combattimento in un piano sequenza di 8 minuti, senza accompagnamento musicale (altrove invadente), senza fotografia glamour, nelle squallide scale di un palazzo; otto minuti di pura anarchia in cui regna solo il corpo, il rumore dei colpi, il viso della Theron segnato dalla luce naturale, e il movimento della lotta in tutta la sua purezza ed essenzialità. E’ questa la scena migliore e più autentica del film, quella in cui la Theron è davvero nuda e spoglia (senza la “maschera” della lingerie e degli stivali di latex) ed in cui Leitch mette in scena, brevemente, la trionfante ossessione amorosa dello stuntman per il corpo.