GODZILLA II – KING OF THE MONSTERS di Michael Dougherty

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Se il film di Edwards trasportava l’universo di Godzilla in una dimensione di profondità filosofica e suggestioni storiche e apocalittiche contemporanee, facendo del mostro una presenza oscura, una metafora che prende corpo in visioni d’orrore, Godzilla II – King of the Monsters è orgogliosamente un monster movie in senso tradizionale; ciò che conta per Dougherty è l’amore per i kaiju, il rispetto filologico della mitologia Toho sia nel design delle creature ma ancor di più nella valenza culturale, persino mistica con cui hanno operato sull’immaginario collettivo.
Quello di Dougherty è un Godzilla più autentico per la passione e dedizione con cui aderisce totalmente al meraviglioso che ha incantato generazioni: il pubblico della franchise classica – esattamente come il pubblico dei film di Ray Harryhausen – si recava al cinema per il senso di bellezza quasi religiosa che scaturiva alla vista del mostro; l’incanto di fronte all’epica magnificenza dei movimenti, le forme ancestrali, la compresenza di preistoria e futuro, l’aura di fascino e terrore. Guardare Godzilla significava distaccarsi dall’esperienza meramente umana e terrena e confrontarsi con il divino: un divino spettacolare, brutale e primitivo, in grado di procurare puro piacere dei sensi e trascinare l’immaginazione in un “oltre” leggendario, dotato di proprie leggi e di una storia che si è arricchita e consolidata nel tempo.

Dougherty mostra il più assoluto rispetto nei confronti di un materiale incandescente di passato e di sogno, e si adopera per rendergli giustizia con un film che è allo stesso tempo un fiammeggiante santuario devozionale e un brillante aggiornamento del mito al presente.  I mostri della Toho, che in Godzilla II regnano splendidi e inviolati, conservano il mistero dei predecessori classici e sono filologicamente aderenti a un’iconografia tradizionale, ma adeguati alla sensibilità estetica contemporanea. Le apparizioni di Godzilla, Ghidorah, Mothra e Rodan sono momenti di cinema estatico, in cui lo schermo si riempie di quell’invisibile che risiede nel nostro inconscio e diventa mostro, trionfo del fantastico.

Ogni creatura possiede una bellezza indicibile e sinestetica; colpisce in particolar modo il movimento, che riproduce lo specifico della stop motion, ovvero la lentezza realistica. I mostri del film di Dougherty non scivolano impazziti come in tanta cgi contemporanea, ma si esprimono in movimenti ieratici che sono il cuore, lo spirito dell’immaginario Toho. Il regista mette in scena degli dèi, veri e propri personaggi di una mitologia, ciascuno con una personalità distinta (la femminilità materna di Mothra, la superiorità ultraterrena di Ghidorah, la ferocia primordiale di Rodan). Inoltre ne cura gli aspetti fondamentali del colore e del suono, per mantenere continuità con le incarnazioni del passato (significativo l’utilizzo dello score originale di Akira Ifukube, incorporato nella colonna sonora di Bear McCreary). Gli scontri danno vita alla più spettacolare kaiju action che i fan (ma anche gli spettatori casuali) possano desiderare.

Il “dramma” umano resta sullo sfondo: è mero raccordo tra una scena d’azione e l’altra, ma non potrebbe essere altrimenti; cercare una densità narrativa in un film del genere non ha alcun senso. Godzilla II, fedele allo spirito della franchise tradizionale, è tutto incentrato sui kaiju: sulla loro presenza, sulla rivoluzione percettiva indotta da ogni apparizione. Godzilla II è cinema, è il meraviglioso che si fa corpo, forma, luce e emozione; la necessità di uno script non è che l’alibi di chi non ha più occhi per vedere, nè il cuore per stupirsi.

5 thoughts on “GODZILLA II – KING OF THE MONSTERS di Michael Dougherty

  1. Mai mi sarei aspettato che in un blog dall’impostazione fortemente autorale (sia nella scelta dei film che nel modo di recensirli) avrei trovato una recensione di Godzilla. Men che meno mi sarei aspettato che gli avresti attribuito il massimo del punteggio. Mi fa molto piacere che tu ti stia aprendo anche verso film lontani da quelli finora recensiti in questo blog, e sono convinto di non essere l’unico tra i tuoi lettori ad apprezzare questa svolta.

    • Grazie mille, wwayne. In realtà adoro da sempre questo tipo di cinema. Anzi, son cresciuta a Ray Harryhausen e film di genere. Quanto a questo Godzilla, è stupendo. Massimo del punteggio meritatissimo 🙂

    • Però hai colpito nel segno. Ultimamente sono molto annoiata dal cinema d’autore (ad esempio l’ultimo Almodovar, davvero soporifero e poco cinematico). Un film come Godzilla mi ha rimesso al mondo; sono tornata bambina.

      • E te credo che il cinema d’autore ti annoia: quei film sono fatti apposta per allontanare il grande pubblico, e cercano di titillare soltanto i critici. Grazie per le risposte! 🙂

  2. Pingback: GODZILLA VS. KONG di Adam Wingard | Frammenti di cinema - di Marcella Leonardi

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