MADRE! di Darren Aronofsky

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Che si ami o si odi, Madre! di Darren Aronofsky è un film importante per il suo porsi “contro” lo spettatore. Il film è un manifesto incendiario (letteralmente) contro lo strapotere della platea, responsabile del livellamento dell’immaginario e della standardizzazione delle poetiche cinematografiche, risolte in tematiche sempre più “responsabili” e in compromessi stilistici. In un presente che fa del cinema un veicolo di correttezza politica, attento a non offendere il gusto, le categorie sociali, le religioni, il “buon” senso estetico – e del tutto disinteressato a rivoluzioni artistiche e culturali – Madre! si configura come l’opera di un dandy sprezzante delle masse; un oggetto artistico che risponde esclusivamente alle intenzioni del proprio autore. Aronofsky cerca di rinnovare la rappresentazione quanto la fruizione; figlio degli anni ’70 in cui ha trascorso la sua infanzia, porta impresso nel suo dna un concetto di cinema libero, aristocratico, fedele al suo creatore fino al ridicolo.

Come è stato riscontrato, Aronofsky prende le mosse da Rosemary’s Baby (1968) di Polanski; ma Madre! è stilisticamente antitetico al capolavoro dei ’60. Il film di Polanski oggi ci appare di un classicismo vivido e lucido, debitore di Hitchcock ma anche delle avanguardie surrealiste (per quanto riguarda le scene oniriche); Madre! vi contrappone una visionarietà saldamente innestata su un gusto presente: girato prevalentemente con macchina a mano, eppure mai approssimativo (si direbbe invece di una precisione matematica nella gestione dei tempi e nella struttura delle sequenze), trasforma la personale memoria cinematografica – mescolando horror, war movie, cinema “interiore” bergmaniano, commedia slapstick – in un’opera originale, espressione della propria soggettività sacrale e autoironica.

E’ vero che Madre! è appensantito da metafore impossibili da enumerare: l’allegoria della creazione artistica e la rappresentazione della grottesca idolatria delle folle ricordano, in parte, il film Henry Fool (1997) di Hal Hartley; ma Aronofsky spinge oltre il suo furore allucinatorio, intrecciando la parabola dell’Artista con allusioni religiose, rappresentate in modo esplicito, grezzo: appaiono Caino e Abele, le piaghe d’Egitto (si pensi alla casa che sanguina, alle rane, al contagio), la “condivisione”, la profanazione del tempio, i “doni”, il sacrificio dell’Agnello. Il valore simbolico di Madre! è faticoso e programmatico; ma il cinema che ne deriva è potente, irrazionale.
Che un film come Madre! venga proiettato nei Multiplex è, di per sé, una forma di blasfemia artistica che non fa che aggiungere al suo fascino malato e purificatorio.

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