PROMARE di Hiroyuki Imaishi

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Lo Studio Trigger si distingue per un’animazione che rifugge tanto il lirismo meditativo di Makoto Shinkai quanto il realismo fantastico dello Studio Ghibli: il motto dello Studio, la cui direzione artistica è affidata Hiroyuki Imaishi e Kazuki Nakashima, potrebbe essere “tempesta e assalto” proprio per l’impeto creativo ribollente e fuori del comune. Nello spazio di 111 minuti, Imaishi e Nakashima creano uno spettacolo viscerale e dinamico, del tutto intenzionati a vincere le barriere spaziotemporali e ricreare una dimensione unica, le cui leggi appartengono solamente agli artisti.
La loro visione è nutrita di ossessioni personali: i due autori coltivano fieramente il proprio cinema “delle origini” – che va a identificarsi nel genere mecha di Mazinga o Goldrake – ma lo sparano in un’orbita stellare di pure immagini future. Imaishi e Nakashima pensano in 3D, sollevano le immagini nell’aria e trapanano il muro dei piani innescando vertigini spaziali. Bizzarra la palette di colori, che predilige la dolcezza dei rosa o l’allegria di gialli acidi per erigere un mondo di cruda violenza e fiamme brucianti: una scelta di surrealismo estetico che rende ancora più traumatica la percezione di uno stato di sopraffazione e morte, cui è sotteso lo spettro di irrazionali totalitarismi e folli ambizioni eugenetiche.

In Promare, i Burnish rappresentano una scottante diversità da annientare dopo averne risucchiato energia vitale: il film ne mette in scena l’olocausto con passaggi rapidissimi dal particolare all’universale, dal singolo corpo cui viene estratta la vita a una infinità di corpi trasformati in semplici tracce geometriche e cromatiche. Questo disvelamento (dal primo piano al totale) è tra le sequenze più forti del cinema contemporaneo: nella sua stilizzazione, veicola il potente e terribile concetto della riduzione dell’uomo a massa informe; una enorme fossa comune, o una camera a gas globale.

Ma a Hiroyuki Imaishi e Kazuki Nakashima interessa inserire il soggetto, senza per questo indebolirlo, nel puro spettacolo di un’animazione avanguardistica: Promare crede all’arte come strumento di godimento estetico e illuminazione intellettuale, ma anche come anarchica espressione del proprio genio irriverente e alieno a codici e convenzioni: si veda la dolcissima e naturale ambiguità sessuale dei due protagonisti, lontana da machismi e forte dell’idealismo della giovinezza.
Le sequenze d’azione sono d’una bellezza da togliere il fiato, sfidano le forme, lo spazio, lo piegano e lo esplorano in un trionfo di altezze, rotazioni, profondità; Imaishi e Nakashima sono talmente bravi da consentire al proprio pubblico di seguirne la successione, pur nel suo dinamico accelerazionismo, senza alcuna difficoltà ( a differenza della goffa e approssimativa action digitale di tanto cinema americano).

Lo stile prescelto è netto, affilato, di apparente semplicità: ma Promare vive di contrasti e contraddizioni, e questa essenzialità si arricchisce di stratificazioni geometriche, riflessi, sovrapposizioni  esoteriche di quadrati e triangoli che diventano anche le figure-simbolo di elementi primari.
Mazinga incontra l’avanguardia russa alla Malevich e si impianta geneticamente nell’estetica videoludica: eppure questo gioco di contaminazioni non è sufficiente a descrivere l’indicibile lavoro di Promare, una delle punte più estreme e brillanti dell’animazione sperimentale e ricerca di un linguaggio che riscriva l’immaginario contemporaneo.

3 thoughts on “PROMARE di Hiroyuki Imaishi

  1. Confesso di non aver conoscenza della materia, ma soprattutto di non provare alcuna attrattiva da parte dell’animazione e di aver volontariamente ignorato quelli giapponesi. Non ho amato Godzilla, che è come riconoscere di essere ateo in partenza. Sono colpito invece dal come lei ne parla e ne sono affascinato, come lo sono sempre da Ravasi ma ciò non mi fa diventare religioso né, cattolico quindi resto nel mio ateismo ma con molto rispetto per la creatività giapponese e la sua arte e la sua cultura.

    Il 05/02/20, Frammenti di cinema – di Marcella

  2. Pingback: I MITCHELL CONTRO LE MACCHINE di Mike Rianda e Jeff Rowe | Frammenti di cinema - di Marcella Leonardi

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