DOCTOR SLEEP di Mike Flanagan

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Doctor Sleep
dura 2 ore e 31 minuti; in questo tempo che scorre in modo efficace, intrattenendo lo spettatore con una tessitura narrativa del tutto mutuata dalla serialità televisiva, non sono riuscita a trovare una sola immagine cinematografica; un’immagine indipendente, significante, che non fosse sottomessa all’ordito del racconto.
Mike Flanagan è un discreto talento televisivo, mentre la sua affinità con il cinema si è rarefatta fino a scomparire; da qui deriva il gigantesco equivoco che è Doctor Sleep, opera che di cinematografico non ha nulla e senza alcuna vocazione visionaria.
Flanagan si prodiga in una regia funzionale ed esplicativa, di totale anonimato, in cui tracce di riconoscibilità vengono affidate esclusivamente al production design, alla fotografia, allo studio del suono; ma l’immagine, al suo interno, è vuota. Sopravvive l’urgenza di far procedere la storia, di illuminare lo schermo di contenuti, ma non c’è “l’occhio che uccide”, uno sguardo registico capace di attingere a un immaginario collettivo e individuale e sovvertire le percezioni comuni lasciando intuire realtà altre.

L’atteggiamento di Flanagan è la risultante di anni di serialità, la cui imposizione culturale della predominanza dell’intreccio va a scapito di un’immagine in cui fissare esperienze, shock e scoperta. Doctor Sleep è in tutto e per tutto simile alla serie che ha portato il regista al successo, ovvero The Haunting of Hill House: anche in quel caso era “assente” la regia, mentre regnava indiscussa la parola, lo scambio verbale come unico depositario di significato, movimento, persino sguardo analitico e interiore: una sorta di parola-trauma o parola-terapia. Nel suo amore per le parole, Flanagan manifesta indiscutibilmente un’abilità specifica: gli interminabili dialoghi di Hill House costituivano un sortilegio ipnotico e incantatore. Ma Doctor Sleep è cinema, e Flanagan commette l’errore di piegarlo allo stesso trattamento: tutto è spiegato, raccontato, dimostrato e verbalizzato. In questa giustapposizione di sequenze episodiche ci fa da guida un Ewan McGregor attonito e distratto, quasi si trovasse tra le “stanze” del film per puro caso.

E’ ironico che proprio un regista come Flanagan si sia misurato con Kubrick, tra i più grandi artisti visionari, esploratore di un cinema totale attraverso immagini traumatiche, composite, in cui confluiscono arte, matematica, storia, psicanalisi, studio della luce e del colore, scelte prospettiche dalla sostanza filosofica. L’universo di Shining, in Doctor Sleep, si fa piccolo, aneddotico, citazionista: non mancano trovate baracconesche, il facile effetto, la barbarie di sporcare l’imagine pura kubrickiana con la necessità di banalizzarla in sinossi.

Si prova un enorme imbarazzo di fronte a questo Jack Torrance da luna park, alla sua grottesca riduzione a parodia, così come ci si contorce sulla poltrona quando Rose, villain del film, passeggia nell’Overlook Hotel in quella che potremmo definire “The Kubrick Experience”: un accumulo museale di trucchi, sequenze tagliate e servite come in un qualsiasi canale youtube, senza alcun rispetto vero per l’opera. Rispetto che invece era palpabile e commovente in Ready Player One, omaggio stupefacente e innamorato da parte di un autore come Spielberg, in grado di avvicinarsi a Shining, pur senza rinunciare ad uno spirito ludico, con tutto il senso del sacro necessario.

3 thoughts on “DOCTOR SLEEP di Mike Flanagan

  1. Se potessi mettere un emoticon, metterei il faccione ridente come un Joker per questa appena accennata sfumatura di vetriolo. Bagatelle barattate per film. An other brick on the wall.Solo che sotto il muro c’è una cosa che amavo: il cinema.

    Il 04/11/19, Frammenti di cinema – di Marcella

  2. guardando indietro, quando i film belli erano belli al punto che restavi al cinema anche per lo spettacolo dopo e che i libri di Stephen King venivano saccheggiati da prodduttorucoli da quattro soldi girando tutto in low cost lesinando anche sul cast (-cost-cast, sti cast) tanto bastava il nome “Stephen King” per fare incasso partorendo dei filmacci. Anche l’antico IT che per noi ha un valore cult, è girato in in una strada di un centro residenziale periferico e via. Meglio Misery… ma solo il primo tempo, il secondo è tirato via ad accettate, si vede che dovevano sbrigarsi ad andare in sala a far incasso. Eccezione per Shining che gode di tutta la produzione Kubrick e della sua megnifica fotografia ne fanno un prodotto almeno nella confezione di livello HOlywoddiano e però non c’è sceneggiatura è tutta una presa per il culo di Kubrik verso King, il resto un ammasso di messaggi trasversali che non c’entrano una sega con la trama. Poi vabbè c’è jack nicholson…
    Poi accade il miracolo remake IT che appunto gode di tutto l’editing del nuovo millennio, grandi effetti, costumi, trucchi magheggi montaggio ecc. ecc. ecc. insomma crea un grande Hype e fa bei soldoni.
    E quindi? E quindi si spreme il limone finché ce n’è e ci si butta sull’altra trasposizione cinematografica di successo commettendo un enorme passo falso, strisciare la versione di Kubrik all’ interno della quale c’è un monte di roba un hangar pieno di riferimenti trasversali citazioni richiami provocazioni che però nulla hanno a che fare con la trama del film. Si va dal complotto lunare ai diritti per gli indiani dall’olocausto alle perculate verso King come la trovata del maggiolino (chi non sa s’attacca anche su google).
    Insomma ciao.

  3. Ciao Marcella io non l’ho visto e sono in dubbio se vederlo oppure no… avendo visto il primo film, non vorrei che questo seguito lo imbruttisse… Sarei curiosa di leggere il libro..

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