LA VEDOVA WINCHESTER di Michael e Peter Spierig

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Horror politico, gotico atmosferico o B-movie con un’interprete d’eccezione? I fratelli Spierig, mossi da grandi ambizioni velleitaire, risolvono l’incertezza confezionando l’ennesimo horror compilativo. Del resto, solo pochi, finissimi autori sono in grado di trasformare i propri film in oggetti politico/filosofici senza ricorrere alla povertà della parafrasi, ma servendosi esclusivamente del potere semantico dell’immagine.

Purtroppo i fratelli Spierig sono dei fanatici del discorso, piatto e privo di densità; affastellano spiegazioni, affidate ai lunghi monologhi della signora Winchester; ignorano del tutto il potere dell’ellisse, della suggestione visiva, della metonimia e della sottrazione. L’elemento “non familiare, sconosciuto” ci viene rivelato con dovizia di dettagli attraverso la colonna sonora verbale, tanto che si può parlare, nel caso de La Vedova Winchester, di “horror da ascoltare”. L’aspetto propriamente visivo si accontenta di elementari esteriorità, sfruttando una successione di jump scares;  inoltre le scene  non dipendono da una struttura interna preposta ad organizzarle, conferendo loro un ritmo, ma vengono meramente enumerate. Il film fa anche un largo uso del montaggio alternato: una scelta che sottrae suspence e concentrazione.

Ma il vero fallimento del film – ancor più grave data la sua aspirazione al gotico – è la casa: un edificio che non si fa mai personaggio, che non respira, che non sa trattenere nelle proprie stanze il terrore di chi guarda. Architettonicamente bizzarra, la casa della vedova è fredda, artificiosa, dalle linee pulite e senza penombre. All’interno, le scelte luministiche prediligono un contrasto ombra/luce privo di densità e sfumature; e a nulla serve l’uso delle candele, che risulta meramente decorativo. E’ una luce che non si fa mai linguaggio; mentre contemporanemente la regia, bidimensionale, è incapace di usare la profondità come “spazio” in cui si annida l’estraneo.

Un film come La vedova Winchester non fa che mettere in risalto la grandezza di un’opera come Crimson Peak di del Toro, sicuramente l’unico, vero gotico degli ultimi anni: un lavoro artistico fondato sullo studio di luce e colore, sulla presenza di una casa/personaggio addolorata, dagli squarci come ferite, attraverso cui la luce entra con la crudeltà di una lama; mormorante e segreta, fatta di polvere, farfalle, sangue, quasi nata dall’arte di un Crivelli. Solo in una casa del genere, dai corridoi come abissi, può esistere il fantasma: creatura sofferente, cui i fratelli Spierig sostituiscono fantocci senz’anima, semplici comparse da luna-park.

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