LA FORMA DELL’ACQUA di Guillermo del Toro

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Del Toro apre la sua favola presentandoci Elisa, la principessa senza voce; per farlo, il regista si immerge in un sogno sottomarino, in cui la luce si diffonde rarefatta e le cose fluttuano dolcemente, come fossero già trasformate in immaginazione e ricordo. Elisa sogna se stessa, nel suo rifugio sospeso tra fantasia acquatica ed il cinema del piano sottostante, da cui giungono voci e suoni ad ovattare d’illusione le pareti dell’appartamento. Questo bellissimo inizio, girato da Del Toro con una steadycam che ci introduce segretamente nella dimensione separata della favola, è una sorta di percorso iniziatico all’interno del mondo fantastico del regista, ma anche della protagonista: la quale ci viene mostrata, in una scena di meravigliosa innocenza, nell’atto di masturbarsi come parte della sua routine quotidiana. I personaggi di Del Toro sono vivi e pieni di desiderio.

The Shape of Water è forse il film in cui egli traduce più liberamente, senza incanarlo in una rigida struttura di genere, un immaginario in cui si sovrappongono memorie cinematografiche, ricordi infantili, umori di un’epoca sedimentati nell’inconscio, bagliori musicali e coloristici; il tutto avviluppato in quella che è la nota dominante dell’animo di Del Toro, ovvero un romanticismo profondo, che non teme la derisione.

The Shape of Water veicola un sentimento amoroso d’altri tempi, che non poteva non circondarsi di fantasmi del passato: le serie televisive, i musical di Carmen Miranda, le immagini pubblicitarie di propaganda, i peplum dispiegati a tutto schermo nella sala cinematografica ormai vuota. “Non siamo che relitti”, afferma Giles, l’amico di Elisa, altro “inetto” alla vita presente,  bloccato in un eterna trance nostalgica.

La creatura acquatica è prigioniera in un laboratorio militarizzato, tra sbuffi cyberpunk, oblò che lo separano dalla realtà e catene che lo trattengono: il suo corpo luminoso incarna un immaginario incompatibile col presente. Ed è qui che Del Toro mette in scena uno dei più delicati e toccanti incontri degli ultimi anni: Elisa e il “mostro” iniziano un discorso amoroso senza voce, fatto di gesti, sguardi, armonia e ripetizione; un balletto sentimentale che si fa linguaggio, in cui la musica di Glenn Miller e Benny Goodman rappresenta il sogno “da sognare insieme” secondo l’ideale surrealista. Elisa balla per lui, rompendo qualsiasi aspettativa logica e turbando non solo lo scienziato Hoffstetler, che la osserva, ma anche lo spettatore ormai disabituato all’esplosione irrazionale del sentimento. Del Toro è un artista meticoloso; la sua regia musicalmente perfetta, il suo senso compositivo educato da anni di passione per pittura e illustrazione servono un preciso obiettivo: sprigionare un amore sconfinato e puro, tramutarlo in immagini bizzarre in bilico sul limitare tra sublime e ridicolo.

In un cinema contemporaneo che sottopone i sentimenti ad una precisa economia, Del Toro ha l’audacia di parlarci d’amore attraverso un’evanescente stratificazione di “segni” obsoleti: il melodramma degli anni ’50, la trasfigurazione del musical anni ’30, il delirio sentimentale che si fa colore estremo come nei film di Powell e Pressburger, il candore dei personaggi disneyani. Il “mostro” si staglia in tutta la sua bellezza e solitudine nella sala cinematografica, assorto nella contemplazione di un passato che gli si rivela allo sguardo e con cui sente un’appartenenza.

Nella bellissima sequenza finale, Del Toro allestisce quel trionfo onirico di cui parlava Jean Vigo: l’acqua come l’elemento magico in cui “vedere” e concretizzare i propri sogni. E ci vuole l’innocenza del regista messicano per chiudere il film con una poesia: un gesto di estrema ribellione, soprattutto per un film che nasce a Hollywood. The Shape of Water ha tutta la giovane incoscienza della nouvelle vague: quei versi sono il manifesto di una libertà nuova, che trova le sue radici nel sogno americano del cinema classico e sospinge l’arte verso nuovi deragliamenti. “La vita non è che il naufragio dei nostri piani”. Del Toro fa danzare i suoi protagonisti nell’inconsistenza tremula di una vita che scorre come le acque.

 

3 thoughts on “LA FORMA DELL’ACQUA di Guillermo del Toro

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