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E’ il nostro fuck you a tutti gli altri film d’azione. (…). Abbiamo fatto di tutto e meglio di chiunque altro. La nostra è una sfida. Ci siamo stancati di vedere gli altri diventare così pigri e approssimativi.” (Chad Stahelski Interview, Collider, March 21, 2019).
La breve dichiarazione di Stahelski è il perfetto manifesto per un rinnovamento del cinema action, ormai realizzato prevalentemente da “seconde unità”, da team di controfigure professioniste e soprattutto attraverso il pesante intervento della CGI: Stahelski, col suo passato di stuntman, riporta l’action al suo valore di universo autoriale, di cui ogni elemento – luci, costumi, design, atmosfere, fino al più piccolo oggetto – è parte integrante.
John Wick 3 – Parabellum nasce innanzitutto da una tensione ad una cinefilia pura: l’amore per i classici swashbucklers di Douglas Fairbanks e Erroll Flynn (film d’avventura celebri per gli spettacolari stunt), per le arti marziali (ritroviamo sia gli attori di The Raid che il Marc Dacascos di Crying Freeman), ma anche per il western, omaggiato in una delle sequenze d’azione più iperboliche mai viste al cinema negli ultimi anni.
All’interno di una dimensione di cinema totale (in cui l’azione convive con una pluralità di generi, inclusa la commedia slapstick) il corpo degli attori, accarezzato attraverso memorie di cristallo e proiettato in un futuro di forme, linee e luci, diventa protagonista: si esprime attraverso nuovi movimenti, nuove soluzioni in rapporto con uno spazio di stilizzata coerenza visiva. Puro futurismo e dinamicità: Stahelski è un fisico, il suo cinema si fonda su grandezze, principi, interazioni e leggi. Ogni attore, sia essere umano che animale, presta se stesso con totale abnegazione alla scienza del suo cinema; mentre l’apporto fondamentale del direttore della fotografia (il grande Dan Laustsen), permette di creare le illusioni luministiche, i bagni di colore, i chiaroscuri in cui il movimento si esalta fino ad una sublime astrazione.
Violento e ludico nei contenuti, il cinema di Stahelski è, paradossalmente, fortemente “etico” per il suo senso di responsabilità tanto nei confronti dell’essenza artistica del mezzo-cinema quanto del suo pubblico. Stahelski rifiuta l’artificio della computer graphic, le scorciatoie di un montaggio accelerato o di sequenze ipercinetiche: la saga di John Wick aborrisce anonimato e sciatteria.
Il regista, assieme al suo team, è “autore” di ogni scena; pone nuove sfide ad un genere esausto, rinnovandolo attraverso il realismo di combattimenti coreografati, filmati spesso senza l’ausilio di una colonna sonora, affinchè ci si possa concentrare sul tonfo di corpi che sbattono a terra, sui colpi sordi, sui respiri ansimanti.
New York è un meraviglioso set bagnato di pioggia, in cui liberare cavalli, motociclette, ninja assassini o in cui improvvisare una lotta a colpi di libri nella Public Library. Ogni elemento dello spazio concorre a creare una musica visiva, mentre Keanu Reeves è un Gene Kelly dell’action, capace di danze impossibili pur con un corpo reale e “pesante”.
Ritmo, narrazione, simbolo, personaggi-funzioni (La Giudicatrice, Il Re, L’Assassina) il cui compito è di echeggiare una mitologia antica perpetuata nel presente: John Wick 3 – Parabellum è bellezza astratta che nasce da un lavoro concreto, un impegno d’arte e d’amore che trova nella realtà la sua arma principale.
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