TED BUNDY – FASCINO CRIMINALE di Joe Berlinger

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Nient’altro che un banale courtroom drama, privo di immagini significanti e lacunoso narrativamente: a questo si riduce Ted Bundy – Fascino criminale, opera preceduta da una docu-serie di qualche mese fa, notevolissima dal punto di vista formale quanto nell’organizzazione narrativa della quantità di materiali d’archivio. Si stenta quasi a credere che Joe Berlinger sia l’autore di entrambi: il film nasce difatti da una scrittura debole, anticlimatica e frettolosa, là dove il documentario stratificava i livelli del racconto fino a creare una complessa orchestrazione corale, in grado di modulare i vari aspetti di un criminale fuori dall’ordinario, tra i più feroci e inafferrabili serial killer della storia.

Con uno sguardo che non appartiene né a Elizabeth, sua ignara fidanzata, né allo stesso Bundy, Berliger racconta attenendosi ad un punto di vista “esterno” e gestendo alternativamente le due prospettive. Percepiamo la sua invadenza nel tagliare porzioni significative di storia, approfondirne altre di nessuna importanza, attribuire arbitrariamente sentimenti (come le lacrime di Bundy alla lettura del verdetto). L’obbiettivo del regista è quello di schematizzare i personaggi (bravo Zac Efron, nonostante la sua corporeità sia del tutto incompatibile con l’originale), semplificare i fatti, normalizzare l’espressione di emozioni e sentimenti in modo da rendere il prodotto perfettamente fruibile da un pubblico eterogeneo.

Paradossalmente, Ted Bundy – Fascino criminale è compromesso da una mediocrità segnica puramente televisiva molto di più della serie documentaria: come tanti “film Netflix”, il film di Berlinger si configura come “instant movie” di pronto consumo, dalle caratteristiche estetiche/narrative/fotografiche omogeneizzate secondo precise linee editoriali.
Ted Bundy – Fascino criminale è costruito per far sentire lo spettatore a suo agio in una dimensione di modernità, brillante acutezza e nera ironia: predilige l’uso di jump cuts, presta molta attenzione ad ambientazione e costumi, inserisce brani pop per creare un contrasto con la drammaticità della storia; tutte tecniche cui la televisione contemporanea ci ha abituato, modellando il gusto e serializzando la produzione in un format di sfavillante professionalismo ma vuoto al suo interno.

I personaggi si muovono vaghi, opachi, meri agenti di una storia mortificata tanto nella sua risonanza che nel suo potenziale drammatico; la cronologia degli eventi appare incomprensibile, così come sfugge la portata degli eventi sull’immaginario collettivo. L’operato di Bundy, la sua apparente normalità culminata in eccezionalità mediatica cambiarono per sempre la società e la cultura; ma quello di Berlinger resta un film di superfici, di figure umane senza storia e senza psiche, di fatti che precipitano senza mai diventare voragini. Ted Bundy: fascino criminale danza sul bordo di quell’ignoto nero e insondabile che è l’animo umano, senza mai guardarvi dentro.

One thought on “TED BUNDY – FASCINO CRIMINALE di Joe Berlinger

  1. Ciao Marcella!! Si, effettivamente mi sarei aspettata qualche colpo di scena in più, conoscendo la sua infanzia, ho notato che ci sono state qualche omissioni, gli attori sono stati bravi, alla storia avrei aggiunto Ann Rule, un’altra persona che ha assunto un ruolo fondamentale nella sua vita. Ma nel complesso il film non mi è dispiaciuto…

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