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Persino in un paese come il nostro, del tutto incapace di appassionarsi all’animazione, e criticamente impreparato al riguardo – basti pensare che il film La Canzone del Mare, tratto da una fiaba irlandese e dallo stile riconoscibile e definito, è stato pigramente definito da alcuni come “l’opera di un piccolo Miyazaki” – può nascere un’opera sfrenata e coraggiosa come Gatta Cenerentola. Un vero suicidio commerciale, ma anche un sogno artistico ambizioso e personale che gli autori Cappiello, Guarnieri, Sansone e Rak hanno trasformato in realtà. Animazione per adulti, dallo stile inedito e dai contenuti violenti: i quattro artisti hanno creato un microcosmo senza tempo, servendosi di una combinazione di tecnica tradizionale e animazione digitale; il risultato è un film fatto di immagini squadrate, come fossero tratte da un videogioco obsoleto, ma filtrate attraverso un’indefinitezza acquarellata. Gatta Cenerentola è il sogno fluido di un digitale ormai trascorso: la sua animazione stratificata, composta da livelli che si sovrappongono in trasparenza, si rivela la scelta formale ideale per condurci attraverso un viaggio fatto di ricordi e memoria.
Gatta Cenerentola ha delle inaspettate affinità col Blade Runner villeneuviano: in entrambi i casi gli autori hanno colto uno dei segni precipui del contemporaneo, ovvero la morte del cinema e la fine nostalgica dell’immagine cinematografica – quell’immagine che, secondo la celebre frase di Godard, creava dei ricordi. Cappiello, Guarnieri, Sansone e Rak indagano in forme poetiche, più efficaci di qualsiasi analisi filosofica, la funzione del ricordo e la soggettività del tempo: in Gatta Cenerentola le memorie sono indissolubilmente legate al presente: proiettandosi su di esso, sono in grado di modificarlo. Il ricordo è una sorta di veggenza di cui gli esseri umani sono dotati, e la chiave espressiva scelta per esprimere questo sentimento del tempo e delle cose è il fantasma ologrammatico.
L’immagine/memoria addolorata si muove sofferente in un contesto retrofuturistico; la nave, i suoi corridoi, gli antri e anfratti bui respirano segreti funebri. E’ un mondo macabro eppure spirituale, in cui i ricordi sono angeli di salvezza, portatori di labile speranza in un contesto irrimediabilmente duro e corrotto. Gli autori non si fanno scrupoli di mostrarci una Napoli in cui dominano la violenza, la superficialità, le sopraffazioni e lo stupro. La città è brulicante, caotica ed infernale. Il film possiede il senso antico della crudeltà della fiaba: Gatta Cenerentola è muta e traumatizzata, e non ha accanto a se un principe pronto a salvarla. E’ una ragazza selvatica e innocente smarrita in un incantato regno di morti. La musica la accompagna, tra melodramma passato e futuro elettronico.
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