MISS SLOANE di John Madden

Miss***1/2
Nell’America della restaurazione, della paura e della rabbia, Miss Sloane è stato dipinto come un’opera faziosa e pericolosa, mera propaganda volta a cancellare un diritto sancito dalla Costituzione; e a poco è servita la candidatura della Chastain al Golden Globe. Il film di Madden racconta la storia di Elizabeth Sloane, lobbista algida e brillante, decisa a contrastare la potente lobby delle armi a favore di un decreto che ne regoli il possesso; una vicenda fischiata e derisa dalla National Rifle Association e dalle destre, che hanno affossato il film, giunto a noi con un anno di ritardo dopo un clamoroso tonfo al botteghino.

Ed è un peccato che le strumentalizzazioni abbiano banalizzato il film, penalizzandolo; Miss Sloane è imperfetto e sovraccarico, ma colmo di fascino, uno di quei film “di parola” riallacciato idealmente alla tradizione americana dei grandi sceneggiatori. Il lavoro dell’esordiente Jonathan Perera si fonda su quel dialogo ritmico, arguto, incalzante nato in seno alla commedia classica per poi deflagrare in altri generi. E’ il thriller politico, oggi, è il vero oggetto del desiderio degli scrittori di cinema: nel dialogo smagliante, senza sbavature, affilato d’amara ironia non si giocano più (o non solo) le guerre tra i sessi, ma i conflitti politici e sociali. La parola, in film come Miss Sloane, è un’arma politica. Il film andrebbe visto in lingua originale per capire a che punto l’arte dialogica, tra i professionisti statunitensi, abbia raggiunto un tale livello di musicalità ed astrazione da farsi “forma” sonora di un contenuto scottante. La bellezza della frase la rende più acuminata, più potente. E la Miss Sloane della Chastain è un’artista della comunicazione: capace di distruggere, portare alla luce, innescare un’azione semplicemente con la parola. Ci troviamo di fronte a un’irrealistica intensificazione della realtà: i confronti verbali tra Miss Sloane e i suoi interlocutori traducono la situazione storico/sociale che viviamo in forma sintetica, e la trasfigurano artisticamente.

Il film di Madden è meno concentrato, teso e nervoso della sua protagonista: lascia zone d’ombra, passaggi di disperato abbandono, in cui alla parola si sostituisce il volto solitario di Miss Sloane: una donna che ha intenzionalmente rinunciato alle mollezze femminili, ad illusori romanticismi, fin quasi alla propria umanità. La Chastain è talmente brava da farci intuire il tormento del suo personaggio in uno sguardo, in una tremula linea del viso; i brevi incontri sessuali con un gigolò amplificano la sua consapevolezza di una volontaria esclusione dalla vita.
Le musiche di Max Richter, dalle atmosfere notturne, prevalentemente ottenute per mezzo di onirismi elettronici, rappresentano i luoghi oscuri, le “notti” di Miss Sloane. Elizabeth è messa a nudo nelle proprie contraddizioni, tra granitico desiderio di successo e vulnerabilità controllata dagli psicofarmaci. Il suo autolesionismo la smaschera, e ce la rende cara.

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