
“Un turbine di cazzotti e sentimenti”. Solo un regista senza paura e deciso a seguire il proprio istinto, oltre le secche dell’immaginario in cui stagna gran parte del cinema italiano, poteva realizzare La Città Proibita: colmo di cinema, di ricordi, di action hongkonghese innestato nella commedia all’italiana; il film di un autore che ama la multiculturalità e ci mostra una Roma viva, bellissima, gremita di diversità ma allo stesso tempo unica e riconoscibile (le riprese in esterni sono un commosso atto d’amore alla città). Gabriele Mainetti, da vero visionario, fa convivere omaggi a Bud Spencer (quelle botte da orbi con un pesce!) e memorie di Vacanze Romane, tra giri in scooter e romanticismi nel Foro Romano. Yaxi Liu è una diva, mentre gli attori del nostro cinema danno il meglio di sé, in un film che è scatenato, affettuoso, nostalgico, e soprattutto girato con talento strabiliante. Il regista seziona il tempo e lo spazio, filma corpi senza peso nella coreografia della lotta e ci fa innamorare di un nuovo cinema (o un nuovo mondo?) possibile.

MAGARI, tornerei indietro di 50 anni