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L’entità Disney è talmente “eccessiva” da aver colonizzato il nostro immaginario in ogni suo aspetto; la “disneyficazione” ha prodotto un mondo, di cui il cinema è solo una parte, dalle coordinate perfettamente riconoscibili: una vera dimensione sovrapposta alla nostra realtà.
Maleficent 2 ci offre una dimostrazione estremamente efficace dello sforzo disneyano compiuto sul brand e sulla sua irradiazione: il film si apre sulla visione di un castello/logo e si libra in una steadycam spettacolare che rimanda esattamente non solo al brivido, ma alla percezione sensoriale di una montagna russa; entrare nel film è come entrare in una Disneyland virtuale, di cui riconosciamo gli elementi, le forme e la finzione. Da spettatori diventiamo turisti di una favola familiare di cui assecondiamo i canoni: la tradizione (la meta resta il matrimonio, sebbene profumato di femminismo), il didatticismo dello spettacolo, il manicheismo bene/male.
Ogni esperienza Disney diviene dunque una forma di sudditanza, dove il pubblico è il soggetto finale di un marketing schiacciante. Eppure, Maleficent 2 mantiene un suo pur labile incanto, malgrado il regista Joachim Rønning accumuli suggestioni eterogenee: da un gusto floreal-chic à la Gucci, allo scimmiottamento estetico/mitologico di Game of Thrones, fino al classico scontro Eva contro Eva tra le due (meravigliose) dive Jolie-Pfeiffer.
Rønning si scatena in un regia fluida, dinamica (fin troppo), tesa ad abbattere la percezione comune dello spazio. Nuoce alla prima parte del film una fotografia eccessivamente scura, che obbliga lo spettatore a un parziale stato di cecità; ma nella seconda parte l’immagine ritrova la sua luce, mentre contemporaneamente la sceneggiatura si ricompone, portando la favola al suo magnificat emotivo.
La Jolie è splendida: rinnova il personaggio gloriosamente iconico del primo capitolo, cui dà grazia, humor, un senso di celata sofferenza, e soprattutto un istinto materno e protettivo che si effonde potente dalla propria “presenza” corporea. La sua Malefica è l’essenza del femminile – strega, madre, forza naturale, corpo sensuale e nido protettivo. Un aristocratico matriarcato vela lo schermo, ma alla fine l’ordine è ristabilito: la giovane Aurora sposa il principe, i sudditi piangono di gioia, la bolla di sogno conservatore brilla intatta.
Ciao Marcella ho letto con piacere la tua recensione. Complimenti, come sempre sei bravissima!! Questo film mi è piaciuto molto, ho notato con sincera sorpresa Michelle Pfeiffer ed insieme ad Angelina Jolie, formano un duo interessante.. non mi sembra di averle mai viste insieme in un film.. una frase non ho ben capito della tua recensione, se hai piacere di rispondermi, cosa volevi dire riguardo alla descrizione della fortografia nella prima e della seconda parte?
Semplicemente che per metà il film è davvero troppo buio, si fatica persino a capire l’azione. Per fortuna la seconda parte non è più in notturna, e la regia ne guadagna molto.
Ah ok, grazie mille per il chiarimento!
Ah, le streghe, le streghe… animatrici di ogni inquietudine ma… se son tutte come te, Malificent, non ho più paura le vojo vede’ due donne conturbanti in un solo film sono il massimo che si può chiedere in un pianeta banalmente cattolico….
Il 24/10/19, Frammenti di cinema – di Marcella