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The Neon Demon è un trattato estetico e filosofico sull’ossessione contemporanea per la bellezza e le sue derive perverse. Nella bellezza, così com’è intesa dalla contemporaneità, è presente un germe d’orrore pronto ad esplodere e divorare: Refn ha registrato questo sentimento del tempo con audace spirito visionario, capace di crogiolarsi nella cultura della gratificazione istantanea sottoponendola allo stesso tempo a critica.
Ha ragione Refn quando afferma “io vengo dal futuro e faccio film per il futuro”. Recensori seriali e spettatori tradizionalisti non sanno come afferrare l’oggetto-Neon Demon: un film senza trama, refrattario a vecchie matrici critiche e schemi narrativi consunti. Il film di Refn, le cui immagini sono di una bellezza soggiogante, descrive la realtà che ci circonda e lo fa con immagini-simbolo, dall’estetica talmente pura e violenta da avere valore rivelatore. Refn immette tutto nell’inquadratura: il viso incantevole di Jesse (Elle Fanning), la luce che ne disegna i contorni, le rette che attraversano l’inquadratura, l’esplosione del colore; la tecnica di Refn lavora per condurci all’estasi. Fondamentale, in questo cinema esperienziale, la colonna sonora elettronica di Cliff Martinez.
La singola immagine precede la consequenzialità delle inquadrature; e difatti, anche quando Refn organizza il flusso narrativo, disattende le aspettative dello spettatore privandolo di qualsiasi corrispondenza un “cinema mentale”, ovvero quel “film” immaginario con cui si anticipa o interpreta ciò che vediamo sullo schermo: se nella scena del party ci si aspetta di vedere una sala affollata, Refn invece risolve con poche inquadrature di nero/luce e di un corpo legato; analogamente, nella scena della sfilata di moda, non vediamo mai né gli spazi, né la passerella o il pubblico: eppure è una scena cardine, un “passaggio” da uno stato all’altro. Refn preferisce rappresentare questa trasformazione in forme poetiche e incantatorie: siamo dalle parti delle Songs of Innocence and of Experience di Blake, mentre il demoniaco pervade lo schermo in ogni sua parte.
Il cinema di Refn si compone di immagini ipertestuali, disseminate di informazioni simboliche: le porte, gli specchi, gli accessi; ma anche il buio, le ombre, le geometrie luministiche, fino al surrealismo onirico di apparizioni quali la pantera (in omaggio a Tourneur), il coltello, e più di tutte, la luna. E in realtà le immagini parlano chiaro: un antecedente forte e ispiratore c’è, ed è quel Suspiria di cui è innamorato l’immaginario refniano: The Neon Demon ne interiorizza i rosa e i magenta, i labirinti emotivi, l’idea di un cinema-shock e la bellezza del sangue, così come il mistero del femminile e la sua intima connessione col segreto delle cose.
La scena in cui Ruby (Jena Malone) sanguina in un rito pànico, inginocchiata di fronte alla luna piena e colma di piacere orgasmico, è emblematica del potere occulto della donna e della violenza del suo desiderio; un desiderio sensuale e di possesso che non si ferma nemmeno di fronte alla morte, come dimostra l’indimenticabile sequenza necrofila.
Refn non ha tabù, trasforma tutto in cinema puro; ogni corruzione è trasfigurata nel cristallo delle immagini.
Bella la citazione Ungarettiana alla fine! 🙂
contenta che tu l’abbia notata 🙂
Anch’io son sempre contento quando ci sentiamo. Colgo l’occasione per consigliarti questo film: https://wwayne.wordpress.com/2016/05/22/il-giorno-di-timber/. Mi ha fatto spanciare dalle risate! 🙂 Grazie per la risposta! 🙂
grazie! 🙂
d’accordissimo su ogni punto
ne sono felice.
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